Il Tecnomasio Italiano Brown Boveri

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Nello scorso articolo abbiamo, tra le altre cose, ripercorso la storia di questa importante industria elettromeccanica dal 1863, anno della sua costituzione, fino al 1903, anno della sua fusione con la Brown Boveri.
Come abbiamo detto, la nostra zona venne coinvolta nella vicenda solo quando venne decisa la costruzione di nuovi stabilimenti. Il 22 maggio 1906, l'azienda deliberò infatti l'acquisto di un'area di 40500 metri quadrati alle spalle di piazzale Lodi, ove sarebbero sorte, in vari stadi a partire dal 1907, le grandi officine destinate a rimanere per decenni il cuore e il maggior vanto del Tecnomasio.

Quando nel dicembre del 1907 il Tecnomasio acquistò altri 22000 metri quadrati di officine in via De Castillia 21 (al quartiere Isola), lo stabilimento di via Pace fu dismesso, ed una nuova era si aprì per il T.I.B.B., che, avendo acquisito il suo principale concorrente, la "Gadda", si poteva proporre come "il più antico e il più autorevole rappresentante dell'industria elettromeccanica italiana".
Ma un altro imprevisto era alle porte: l'entrata in guerra nel 1915, se da una parte portò notevoli ordini da parte dei Ministeri della Guerra e della Marina, dall'altra fece sì che il Tecnmasio divenisse presto direttamente militarizzato: il 23 novembre 1915 le officine di piazzale Lodi e di via De Castillia vennero dichiarate "stabilimenti ausiliari".

Al termine della prima guerra mondiale, una grossa commessa consentì di riprendere in considerazione il completamento delle officine di piazzale Lodi; il 31 marzo 1919 veniva deliberato un aumento di capitale che finanziasse l'avanzamento della loro costruzione.
Nel giugno 1922 fu trasferita in questa sede gran parte della lavorazione, soprattutto quella del grosso macchinario, e nel giugno 1925, quando le officine occupavano ormai 72500 metri quadrati, fu occupato il grande palazzo degli uffici che dà sul piazzale Lodi.

La seconda guerra mondiale portò danneggiamenti, come accennato nello scorso articolo, anche agli edifici di piazzale Lodi. In particolare, i bombardamenti alleati del febbraio e dell'agosto 1943 colpirono pesantemente gli impianti del Tecnomasio, e per rimetterli in sesto occorse un notevole impegno tanto sulla parte edilizia quanto sulle attrezzatture.
Cionondimeno, ancora una volta il Tecnomasio riuscì a risollevarsi dalla situazione difficile in cui si era trovato. Anzi, negli anni del boom esso ricoprirà un ruolo di primo piano nella storia della ricostruzione.

Veniamo ora ad alcune delle realizzazioni del Tecnomasio. Iniziamo ricordando che nel 1957, in piazzale Lodi, fu realizzato un laboratorio per prove ad altissima tensione, il cui generatore di impulsi era, all'epoca, il più potente installato nell'Europa continentale.
E poi non si possono trascurare i mezzi di trasporto pubblico, che abbiamo utilizzato probabilmente innumerevoli volte, a partire dai tram della serie 4700 (quelli della circonvallazione 29-30, per intenderci), realizzati nel 1958, per proseguire con le carrozze delle linee di metropolitana 1 (a partire dal 1961), 2 (tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta) e 3 (dalla metà degli anni ottanta), per non parlare del "Pendolino".

Dal punto di vista architettonico, che cosa ci riserva il Tecnomasio? Innanzi tutto l'elegante facciata (inizialmente di tre piani, in seguito sopralzata mantenendo lo stile), ornata da un bel portone (il civico 3 di Piazzale Lodi) sovrastato da un balcone ornato di fregi; poi l'elegante "Ingresso Operai", contornato da due robuste colonne e sito in via Sannio 1; ed infine, per gli amanti dell'archeologia industriale, sussiste, al momento, una ciminiera visibile al termine del caseggiato T.I.B.B. in via Sannio, memoria di una Milano industriale che va via via scomparendo.